lunedì 27 febbraio 2017

Transamerica

 
 Devo ammetterlo, avevo dei preconcetti che mi  tenevano lontana da questo film nonostante la curiosità fosse molta. Il fatto è che, tratta in inganno dal vago ricordo di un trailer visto anni fa, mi aspettavo che  fosse una commedia, una roba tutta da ridere giocata sull'ambiguità sessuale. Mi sbagliavo.



 Transamerica è un bellissimo quadro; un'esperienza visiva drammatica e matura in cui l'accento non è posto esclusivamente sulla disforia di genere, che viene trattata con delicatezza e proprietà di linguaggio e di sentimenti, ma soprattutto sulla genitorialità e sul rapporto tra un adolescente problematico che sogna di incontrare il suo padre biologico, nel quale ha riposto sogni e speranze di una vita migliore e una donna che non riesce a rivelargli di essere quello che sta cercando.

 Quando Bree riceve la telefonata che le annuncia che ha un figlio di diciassette anni, avuto dall'unico rapporto che ha avuto con una donna ai tempi del college, non vuole crederci. Nega persino di essere lei Stanley, perché effettivamente non lo è più. Il giorno dell'operazione si avvicina e non intende farsi rovinare l'appuntamento col destino che la renderà donna anche nel corpo da un ragazzino che neanche conosce.

Ma poi la coscienza prende il sopravvento, grazie anche all'aiuto dell'amica terapista Bree si convince a volare fino a New York per recuperare il ragazzo che si trova nei guai.
È in prigione e il loro incontro non si preannuncia dei più semplici. Così, Bree si finge una volontaria della chiesa e cerca di assolvere il dovere che sente verso di lui facendolo ricongiungere con il suo patrigno, solo per scoprire delle verità terrificanti che sono il motivo per cui lui era fuggito.


Bree non vuole assolutamente essere padre e non si sente neanche madre. Non ha dubbi sulla propria identità di genere, sebbene la sua famiglia non sappia nulla del suo cambiamento e lei stessa all'inizio del film sia depressa, in trepida 'attesa' di una felicità che crede possa cominciare solo il giorno della fatidica operazione chirurgica di riassegnazione. Tuttavia non riesce a ignorare il sentimento d'amore materno che sente nascere in lei per un ragazzino che dapprima sopporta a malapena e a un certo punto del percorso, forse inconsapevolmente, si ritrova ad amare proprio come un figlio e anche a voler educare; cosa che le riesce sorprendentemente naturale, a dispetto della sua a tratti divertente ritrosia. 
Un bel film, da vedere. Molto consigliato.

domenica 5 febbraio 2017

Mambo Italiano (2003)

Questa produzione canadese un po' vecchiotta, senza pretese, ma con un bel messaggio di fondo, strappa una risata ogni tanto, se non si è troppo suscettibili. L'alzata d'occhi al cielo è assicurata per gli stereotipi sugli italiani che si ripetono per tutto il film in stile Il Padrino, più o meno.




Angelo è un ragazzo di origini italiane che, nella speranza di realizzare presto il suo sogno di scrivere sceneggiature per la televisione, lavora in un call-center. È gay e non riesce a dirlo alla sua invadente, ingombrante, chiassosa famiglia, perché sospetta che il suo coming-out potrebbe assumere le tinte di una tragedia colossale (stereotipo?)



Non ha mai avuto il coraggio di confessare loro che il suo coinquilino è in realtà il suo compagno, perché sa che la prenderebbero male, malissimo. D'altronde, i genitori chioccia ultraprotettivi, immigranti italiani di prima generazione, già si sono sentiti male quando ha detto loro che andava a convivere...e loro, ignari e speranzosi che lui e Nino si fidanzino presto con due brave ragazze italiane (sic!), continuano a organizzare loro appuntamenti al buio.

Film Trailer